Era dopocena, d’estate, quando il buio arriva tardi e la natura sembra non vedere l’ora di una tregua. L’erba del giardino era tiepida, l’aria meno afosa ma ferma, non si era ancora alzata la brezza leggera che spinge a coprirsi le spalle. Era in corso quella transizione, dove il terreno sospira per il calore accumulato e finalmente tira il fiato, finalmente un po’ d’ombra.
In questo preciso momento eravamo fuori, vestite con delle magliette nere taglia XXL e i cappelli a punta. Era il nostro travestimento da streghe e ci piaceva usarlo tutto l’anno, non solo in corrispondenza di Halloween. I cartoni animati e i fumetti ci avevano insegnato che la stregoneria può essere utilizzata sempre, a patto di conoscerne i segreti. Eravamo discretamente attrezzate, con delle scope volanti che nella nostra immaginazione atterravano in un punto preciso della casa. Sventolavamo le nostre bacchette magiche (una volta posate usa e getta del ristorante cinese) recitando precisi sortilegi, volti a migliorare il mondo intorno a noi, che stavamo dalla parte dei buoni.
L’oscurità aumentava progressivamente, eravamo vicino alla casa ma dentro le luci erano spente. Mentre riflettevamo sulla nostra prossima missione, nell’aria brillavano delle cosine, piccole, in movimento forse. Non si capiva. Le vedeva solo una di noi? No, le vedevamo tutte. Erano lucine piccolissime e si muovevano. Volavano. Lucciole?! Si!! Si, erano lucciole. Non le avevamo mai viste prima, avevamo capito cos’erano per deduzione, osservandole, provando a prenderne qualcuna ma poi si spegnevano e allora non le trovavi più. Quando le prendevi nelle mani chiuse una sull’altra, delicatamente per non fargli del male, vedevi che erano insetti, semplici mosche, che però, magicamente, facevano questa luce.
Quella sera l’emozione dominante è stata la sorpresa: quelle bestioline hanno suscitato in noi meraviglia e stupore. Un’emozione che, se talvolta colpisce lasciando abbastanza lucido chi la sperimenta, altre volte prende proprio alla sprovvista e fa rimanere a bocca aperta, indipendentemente dalla sua valenza positiva o negativa.
Se è vero che le emozioni primarie sono caratterizzate da espressioni facciali universalmente condivise da tutti gli esseri umani, viene da interrogarsi sul valore della sorpresa. Quando si tratta di una “brutta sorpresa”, gli occhi spalancati, le sopracciglia alzate, la bocca aperta possono essere un modo per indicare, persino a chi parla un’altra lingua e appartiene a un’altra cultura, che è sopraggiunto qualcosa di inaspettato e negativo. Quando invece la sorpresa è di quelle belle? Che suscitano meraviglia, che fanno stupire e emozionare? Forse siamo “programmati” per condividere anche quelle, forse anche quelle sono essenziali alla sopravvivenza. D’altronde, meravigliarci e sorprenderci significa non conoscere già tutto, significa fidarsi di chi ci mostra qualcosa di nuovo, vuol dire lasciarsi prendere alla sprovvista e chissà, magari godere di uno spettacolo mozzafiato, come quello delle lucciole in una notte d’estate.
Siamo pronti a sorprenderci?
